mercoledì 5 ottobre 2016

La cosa in sè o come oggetto

Cosa, dal latino causa, che ha sostituito il latino classico res, è il nome più indeterminato e più comprensivo della lingua italiana, col quale si indica, in modo generico, tutto ciò che esiste, nella realtà o nell’immaginazione, di concreto o di astratto, di materiale o d’ideale. "La donna mia ... par che sia una cosa venuta Di cielo in terra a miracol mostrare" (Dante). Contrapposto a nomeparola, indica l’oggetto nella sua essenza, nella sua sostanza. "Prima furon le cose e poi i nomi" (Galilei). Come termine della filosofia, cosa, pur nella sua indeterminatezza, indica l’essere singolo concreto, l’oggetto naturale o corporeo percepito attraverso l’esperienza sensibile, per cui il mondo delle cose è spesso contrapposto all’uomo come personalità spirituale o coscienza. In senso più generale, cosa indica qualsiasi oggetto del pensiero o del giudizio, sia esso reale o fittizio, fisico o mentale, concreto o astratto, sensibile o soprasensibile, significati questi che assumono accezioni più particolari presso singoli filosofi o dottrine filosofiche. "La cosa in sé "  è un'espressione che nella dottrina kantiana designa la realtà in assoluto, al di là di qualsiasi esperienza possibile, in opposizione alla realtà fenomenica colta nelle forme dell’intuizione spaziale e temporale e delle categorie. Se considerata come possibile oggetto di diritto, cosa equivale a bene in senso giuridico, ma con senso più oggettivo. Per cosa s’intende cioè, in genere, una entità giuridicamente rilevante, considerata in sé, staccata e indipendente da un soggetto. Bene si riferisce invece a un soggetto, in quanto richiama l’idea d’interesse, di vantaggio, di utilità.
Una cosa può essere un oggetto sul quale si sono depositati dei significati. In genere dovremmo trasformare tutti gli oggetti in cose per rendere più sensata la nostra vita. Tutti gli uomini, nello spazio privato come in quello pubblico, sono attorniati da una moltitudine di oggetti con cui hanno continuamente a che fare. Si servono di essi per scrivere, per bere un sorso d’acqua, per sedersi, per appendere abiti, per contenere qualcosa o per altro. Non è dunque difficile constatare quanto sia quotidiana l’interazione con gli oggetti e quanto sia una costante che scorre nel tempo. Meno semplice, tuttavia, è dare un significato più profondo a questa interazione. Spontaneamente, di fronte a un oggetto, siamo in grado di dire: “Me l’ha regalato la fidanzata”, “L’ho comprato perché mi piaceva il colore”, o “È un oggetto di moda”, ecc.. Sono pensieri comuni sugli oggetti che non implicano nessuna riflessione approfondita. In altre parole, sono commenti banali. L’abitudine o l’ovvietà della presenza degli oggetti ci porta, di frequente, a valutarli con molta superficialità, senza interrogarci sul vero rapporto che ci lega ad essi o sul valore essenziale di essi. Eppure: cosa sarebbe l’uomo senza l’interazione con gli oggetti?

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